Che cos’è la resilienza

<<Quando la vista rovescia la nostra barca, alcuni affogano, altri lottano strenuamente per risalirvi sopra. Gli antichi connotavano il gesto di tentare di risalire sulle imbarcazioni rovesciate con il verbo “resalio”. Forse il nome della qualità di chi non perde mai la speranza e continua a lottare contro le avversità, la resilienza, deriva da qui.>>

Sono le parole iniziali di Resisto dunque sono, bestseller dello psicologo Pietro Trabucchi, dedicato alla tema della resistenza psicologica, altrimenti detta resilienza.  E’ un termine che forse non avrai mai sentito, derivato dalla metallurgia, il cui significato indica la capacità del metallo di resistere alle forze che vengono applicate.

Io e te, in quanto esseri umani, siamo progettati per affrontare difficoltà e stress, ma la resilienza ad esse può essere migliorata e potenziata.

Per dirla con le parole dell’autore:

Tutti gli organismi viventi, di fronte agli stimoli ambientali, si adattano o muoiono: gli unici che contemplano una terza possibilità, quella di auto-commiserarsi, sono gli esseri umani

Non esistono dati, ma presi: la valutazione cognitiva

Lo stress, le difficoltà esistono: ne ho io, ne hai tu, ne ha persino il mio cagnolino Kiwi.

Il punto, secondo Trabucchi, è che noi reagiamo ad esse in base a come le interpretiamo, ovvero in base alla valutazione cognitiva che vi diamo. Per dirla con le parole di Trabucchi in Resisto dunque sono:

le persone non sono stressate dagli eventi in sé, ma dal modo in cui li interpretano.

Ovvero noi non abbiamo mai a che fare con dei “dati”, ma con dei “presi” (bel gioco di parole no? 😉 ): tutti gli stimoli, compresi stress e difficoltà, sono sempre interpretati da noi in un certo modo, non sono mai “oggettivi”.

A questo punto capisci una cosa importante: se non esiste uno stress, una difficoltà “oggettiva”, ma solo interpretata, e l’interpretazione gliela diamo noi…perchè non dare allo stress, alle difficoltà di tutti i giorni un’interpretazione utile, funzionale?

Possiamo decidere di dire “che palle, fa tutto schifo”, oppure pensare ad un’intepretazione diversa della vicenda, tanto pur sempre di nostre interpretazioni si tratta, right?

Il punto è che alcune intepretazioni degli eventi sono più funzionali di altre,  ci rendono più resilienti e ci aiutano maggiormente a raggiungere i nostri obiettivi.

Alla luce di questi presupposti, come funziona una tipica situazione di stress?

Mi dirai: lo so, lo provo ogni mattina dalle 9 alle 18, e talvolta anche dopo quando torno a casa 🙂

Ok, ma vediamo come funziona fisiologicamente, sempre ritornando al testo di Trabucchi.

Innanzitutto c’è uno stressor, un fattore che genera stress: può essere un problema di lavoro, in famiglia o altro. Lo stressor viene filtrato attraverso la nostra valutazione cognitiva, che gli assegna un certo peso. La valutazione cognitiva comporterà una certa reazione, emozionale, comportamentale, fisiologica.

Ok, ricapitoliamo: c’è un fattore scatenante, il tuo capo che ti riempie di parole, tua moglie che ti riempie di parole, tuo figlio che piange e il cane non la smette di abbaiare. Bel quadretto eh ;-)? Però attenzione: hai un fattore di controllo. Sai quale? Sei tu.

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Controllo interno ed esterno: oltre l’ottimismo a buon mercato

<<Che tu creda di potercela fare o non farcela, avrai comunque ragione>>

Henry Ford

Se vuoi raggiungere un obiettivo, c’è poco da fare, ci saranno momenti di stress e difficoltà, inevitabilmente connessi con la sua realizzazione. Attenzione però, lo stress non “capita” punto e basta, ma noi gli diamo una bella mano. Come? Filtrandolo attraverso la nostra valutazione cognitiva, ovvero la valutazione, il peso che gli diamo.

Ma allora qual’è la giusta valutazione da dare agli eventi stressanti, nello sport e nella vita? Quella che fa sì che i campioni, nello sport e nella vita di tutti i giorni, vincano le loro battaglie? Rullo di tamburi, eccola: è l’attribuire il proprio successo o insuccesso alla mancanza di impegno.

Impegno??? Non era la sfiga?

Tieniti forte: secondo una ricerca riportata in Resisto dunque sono, svolta su atleti di alto livello in tante discipline, è emerso come gli atleti migliori sono quelli che si allenano di più. Ok, si fanno un gran c…. E sai perchè? Questo avviene perchè sono convinti che la possibilità di vittoria o sconfitta sia sotto il loro controllo, ovvero hanno un senso di controllo interno e non esterno.

Il concetto di controllo interno, teorizzato nel 1966 da J. Rotter, indica il modus ragionandi (ogni tanto ho dei retaggi del liceo, sorry 🙂 ) delle persone che ritengono che raggiungere o meno un obiettivo dipenda da loro in massima parte. Ciò forma lo “stile resiliente”, ovvero il soggetto che attribuisce il suo successo all’impegno e viceversa.

Hai capito bene: se le situazioni sono sotto il tuo controllo (e non del fato, della sfiga o del tuo capo) il tuo impegno fa la differenza tra raggiungere un risultato o meno. Detta in other words: non sono il talento o cause esterne la causa dell’insuccesso, ma la mancanza di impegno. E (pure!) ottenere quel che si vuole genera un piacere di farcela che ha fondamenti biologici, in specifici neurotrasmettitori.

E qui scomodo una citazione:

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Il problema non è il gatto sulla luna dell’immagine (l’avevi notato vero??? 🙂 ) ma la nostra coscienza, la tua e la mia.

Sì perchè se Trabucchi in Resisto dunque sono e il Dr. Rotter ci insegnano che il raggiungimento dei nostri obiettivi dipende da noi, e solo da noi (almeno al 90%, un 10% di sfiga te la concedo 😉 ) come facciamo a raccontarci le solite storielle?

Ecco un pò di repertorio:

Non è colpa mia, è che non sono portato con…(completa a tua piacere)

E’ colpa di mia madre se sono così (il capro espiatorio per eccellenza)

and so on.

Attenzione: più sopra abbiamo detto che alcune intepretazioni degli eventi sono più funzionali di altre, e anche il controllo è una di queste.

Sì, anche la convinzione di avere il controllo è un’interpretazione. Funzionale però!!! Insomma, non conta avere effettivamente il controllo sugli eventi, ma la convinzione di possederlo.

Inoltre, la convinzione del controllo porta a un circolo virtuoso in cui io sono convinto di poter influenzare gli eventi, mi impegno, realizzo i miei obiettivi, confermando la convinzione iniziale.

Ok, mi dirai tu, ma come creo la convinzione di avere il controllo, di potercela fare??? In 2 modi.

Trasferire il contesto

Se hai bisogno della convinzione di potercela fare in un campo a te nuovo, puoi trasferire in questo la convinzione di avercela fatta in un altro campo della tua vita.

Facciamo un  esempio: immagina di non conoscere l’inglese e vorresti tanto impararlo bene. Non sei convinto di potercela fare, ti ripeti “la mia famiglia non mi dà il tempo di impararlo” (controllo esterno) o “non sono mai stato portato per le lingue”.

D’altra parte, hai imparato bene a suonare il violino: dopo anni di impegno e dedizione, sei un ottimo violinista. Perchè allora non trasferire la convinzione di saper suonare il violino sull’apprendimento dell’inglese? Sempre di apprendimento si tratta, basta trasferire a un contesto diverso il metodo usato.

Difficoltà progressive

Un altro metodo è applicarti allo studio dell’inglese passo dopo passo, con piccole difficoltà progressive: questo ti darà nuove convinzioni, motivazioni e creerà nuove strutture neurali nel cervello.

Ancora: invece di pensare “nel mio metodo di inglese mancano 300 pagine”, concentrati sulle prossime 3 da fare. In questo modo cambierai valutazione dell’evento (la tecnica è chiamata framing, proprio perchè consente di cambiare frame, cornice di riferimento).

 Saper perdere e tirare dritto

<<Sbagliate il cento per cento dei colpi che non tirate mai>>

Wayne Gretzky

Un’altra caratteristica dello stile resiliente, secondo Trabucchi, è la capacità di incassare le sconfitte e perseverare nell’intento. Capacità non banale, dato che nella società odierna sembra farsi strada il mantra del “tutto e subito”, simile al principio di gratificazione immediata dei bambini, che vogliono appunto tutto, e subito 🙂

Il punto, secondo Resisto dunque sono, è superare il principio di gratificazione immediata dei bambini e passare al principio di realtà degli adulti, secondo cui gli obiettivi non vengono raggiunti se non con fatica e impegno.

Rialzarsi: Imparare dagli errori e Ristrutturare l’esperienza

Ok diciamola tutta: anche i geni fanno errori. Se leggi le biografie dei geni del nostro tempo, anche loro ammettono di aver sbagliato, a volte di aver fatto anche delle cazzate madornali.

Vuoi qualche esempio? Richard Branson, l’imprenditore creatore del gruppo Virgin, ha ammesso tranquillamente di aver cannato nell’avviare un paio di attività come Virgin Bride e Virgin Cola (oh ragazzi, la coca cola è sempre la coca cola 🙂 ).

Donald Trump, altro grande imprenditore ora impegnato a candidarsi alla Casa Bianca, è fallito 2 volte.

E che dire di Edison, che ha fallito 10.000 volte prima di riuscire a inventare la lampadina?

Prendiamo proprio Edison: sai cos’ha risposto a chi gli chiedeva cosa si è detto, ovvero, per dirla alla Resisto dunque sono, che valutazione cognitiva ha dato ai suoi centinaia di tentativi fallimentari?

<<non ho fallito: ho trovato solo 10.000 vie che non funzionano>>

edison

Una volta che ha fallito, lo “stile resiliente” non solo sa tirare dritto, come abbiamo visto nel paragrafo precedente, ma è in grado anche di imparare dai propri errori e dare un’interpretazione funzionale all’esperienza subita proprio come Edison.

La capacità di vedere sotto una diversa prospettiva un evento negativo è già insita, come richiama giustamente Trabucchi in Resisto dunque sono, nell’etimologia del termine greco krisis, che significa “scelta” (e ridaje con il retaggio del liceo 😉  ).

La scelta, in un momento di crisi, è di cedere e trasferire il controllo dell’evento all’esterno (al fato, ad altri) o rialzarsi, ristrutturare cognitivamente l’evento e vederlo come un’opportunità, perchè

<<gli imprevisti, le difficoltà, i cambiamenti, persino il dolore rappresentano delle opportunità: opportunità che ci costringono a scegliere>>

Pietro Trabucchi

Se hai avuto un momento negativo e l’hai superato, pensaci: a posteriori probabilmente quella situazione ti è servita, stata utile, a cambiare in meglio qualche aspetto della tua vita: è stata un’opportunità che ti ha obbligato a scegliere un’altra strada.

Essere capaci di sperare

<<Non vi sono situazioni disperate: vi sono solo coloro che disperano di potercela fare>>

C. B. Luce

Ultima caratteristica della persona resiliente è la capacità di sperare. Da un punto di vista fisico, numerosi studi dimostrano la correlazione tra speranza e salute fisica del paziente (pensa all’effetto placebo); da un punto di vista psicologico, la capacità (perchè di capacità si tratta, e in quanto tale apprendibile!) di sperare è caratteristica delle persone ottimiste, nel senso in cui il Dr. Seligman concepisce la distinzione tra ottimista e pessimista, ovvero nel confronto tra pervasività e permanenza.

La nota teoria del Dr. Seligman, autore di Imparare l’ottimismo. Come cambiare la vita cambiando il pensiero, è che il “pessimista” tende a vedere i problemi come permanenti nel tempo e pervasivi, ovvero non limitati alla sfera di appartenenza, ma simboli di un fallimento su tutta la linea.

Come aumentare le propria resilienza

A questo punto la domanda sorge spontanea: se hai detto (non io lo dice Trabucchi 🙂 ) che la Resilienza è una capacità che si può apprendere, come la posso imparare?

Vediamo 2 modi.

La tecnica ABCDE

La tecniche ABCDE, dello psicoterapeuta Albert Ellis, è acronimo di

  1. avversità
  2. credenze (beliefs)
  3. conseguenze
  4. discussione (messa in)
  5. effetti

Hai una difficoltà? Sei in una situazione stressante? Sei al punto A. Il problema che, come abbiamo visto, le tue credenze (punto B) sulla tua situazione portano a delle conseguenze (punto C). A questo punto che ne dici di mettere in discussione quelle credenze (punto D) sostituendole con altre più utili? Ne vedrai subito gli effetti positivi (punto E).

La Meditazione

Superare le difficoltà con la meditazione? Forse che sì, forse che no. Certo è che , secondo Resisto dunque sono, la meditazione ci insegna a concentrarci sul nostro pensiero, ad identificare la spazzatura e a correggere il tiro. Per dirla con il linguaggio informatico, GIGO, “Garbage In , Garbage Out, “Spazzatura Dentro, Spazzatura Fuori.

Conclusioni

Cosa ne pensi della resilienza? Ti ritrovi in qualcuna di queste idee? Hai una storia di resilienza da raccontarmi? Parliamone nei commenti.

Se l’articolo ti è stato utile, non dimenticare di:

Alla tua crescita personale,

firma emanuele

 

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