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Non ho tempo…o non ho tempo per determinate attività?

Come faccio a non avere mai tempo? Se stai leggendo queste righe ti sarà sicuramente capitato di farti questa domanda.

Negli ultimi anni sono fioccati i libri, APP, con un unico obiettivo: ottimizzare i tempi, risparmiare tempo, sì insomma rispondere proprio a quella domanda con cui abbiamo iniziato.

Ma…aspetta: è veramente quella la domanda giusta? O forse quando ci diciamo “non ho tempo” stiamo forse chiedendoci qualcosa di più sottile, ovvero “perchè non ho tempo per fare determinate attività”?

1440 minuti ogni 24 ore

Ogni mezzanotte, allo scoccare dell’ora, ci viene fornita in automatico una risorsa quotidiana: è una valuta, né fisica né digitale, che si resetta alla mezzanotte successiva e ha un’unità precisa: 1440.

1440 sono i minuti che compongono 24 ore.

E qui veniamo alla seconda domanda: dato che stiamo cercando di capire perchè non ho tempo per fare determinate attività” forse dovremmo prima chiederci: “come occupo quotidianamente i 1440 minuti del mio tempo?”.

Come riempio quei 1440 slot che mi vengono forniti alla mezzanotte di ogni giorno?

Attenzione: la risposta non dovrebbe essere un generico “qualche ora qui, qualche lì…” perché come il diavolo si nasconde nei dettagli, anche il tempo ulteriore lo fa, come vedremo.

Tempo in più? Ma se i minuti sono 1440 e stop? Vero, non ci sono deroghe. Ma possiamo riappropriarci di quei 1440 minuti. 

Ma come, il tempo è mio, lo gestisco a piacere! Really?

Il motore automatico del tuo tempo

Ogni giorno prendiamo molte decisioni. Sapresti quantificarle? Magari ora stai pensando ad un numero. Peccato che quella cifra non è neanche lontanamente vicina al numero reale.

Sai perché? Perché la stragrande maggioranza di quelle decisioni è inconscia, automatica.

Sì, noi essere pensanti e dotati di libero arbitrio siamo in realtà macchine col pilota automatico. E per fortuna!

Ogni giorno prendiamo almeno 35.000 decisioni.

Non solo: il 99,74% di queste decisioni è inconscia, e per fortuna dicevamo un momento fa: te lo immagini il cervello che in ogni momento deve decidere ogni piccola azione?

Entreremmo in uno stato di sovraccarico mentale permanente. 

Ecco allora che interviene l’inconscio, che sulla base delle nostre abitudini, vostre paure, i vostri desideri, valori e obiettivi, effettua automaticamente alcune scelte.

Automaticamente, senza rendersene conto, in modo inconsapevole.

Sei consapevole di cosa riempie i tuoi 1440 minuti quotidiani?

Se è così, Houston, abbiamo un problema! La macchina va da sola! 

C’è una buona notizia però: possiamo tornare a manovrarla. Come?

Iniziando a capire in che direzione va: sì, perché, quando la barca va, lasciala andare, ma il nostro tempo…anche no!

Il tempo scorre senza sosta e c’è sempre qualcosa che lo riempie: il problema è che se non ne siamo consapevoli magari ci sarà qualcos’altro che lo riempie al posto nostro? Ad esempio? I famigerati social!

E’ un caso, ancora una volta, che siano fioccati libri e APP sulla limitazione del tempo sui social e sia nato anche un termine, Digital Detox?

C’è sempre qualcosa che finisce per riempire il nostro tempo, che lo vogliamo o no: l’unico modo per decidere come lo posso riempire, di diventare padroni del nostro tempo senza farsi governare dal pilota automatico è aumentare la consapevolezza, per vivere ogni momento della nostra giornata in piena consapevolezza e decidere come riempirlo.

Come? Iniziando a cercare di capire come riempiamo ora i 1440 minuti. Saperlo non aumenterà i minuti, ma almeno ti fornirà la scelta consapevole di come colmarli.

5 Tipologie di tempo

Avere più tempo? Decidere consapevolmente cosa farne? Il primo passo è capire come viene colmato ora: avere una visione complessiva del tempo a tua disposizione ti consente di decidere cosa farne.

Ti propongo questa classificazione in 5 tipologie che ho trovato nel “Il tuo tempo è infinito” di Fabien Olicard: partiamo dalla prima.

Il tempo del lavoro

Il tempo del lavoro è quello che finalizzi ad un compenso, diretto o indiretto.

Il tempo personale

Il tempo personale è quello dedicato ad attività relativamente produttive e utili, ma non obbligatorie. Può essere  qualsiasi altra cosa di tuo gusto, una vacanza,  giocare alla Playstation, guardare un film o stare al telefono con gli amici. Basta che l’attività in questione non sia percepita come un obbligo e che sia scelta consapevolmente.

Il tempo per sé stessi

Rientra nel tempo per sé stessi  tutto ciò che fa bene alla mente, al corpo e all’anima. Un esempio? Secondo Olicard “apprendere e acquisire nuove competenze senza un obiettivo specifico, come leggere un libro, suonare uno strumento, imparare una lingua, ma anche praticare yoga o uno sport tipo il cardiofitness, andare in palestra ecc. O ancora attività legate all’introspezione e alla spiritualità”. Tutto ciò che migliora lo stato fisico, mentale o spirituale va classificata come tempo per se stessi.

Il tempo obbligatorio

E’ il tempo che occupi per gli spostamenti, le faccende domestiche, l’amministrazione: tutto ciò che sei costretto a fare e ti risulta in qualche modo sgradevole. In questa categoria Fabien fa rientrare anche i bisogno fisiologici come dormire, mangiare e curare l’igiene personale.

Il non tempo o tempo perso

È il tempo che non rientra in nessuna delle precedenti categorie.

Sono tutte le azioni che fai senza esserne pienamente consapevole e la cui durata supera spesso quella che avevi pianificato o pensi di averci occupato e che non t procurano alcun particolare piacere o dispiacere.

Un esempio: ancora una volta la famigerata timeline di Facebook, aperta non consapevolmente, per piacere, ma in un momento di noia, e in cui pensiamo di passare 15 minuti a poi…sono 45!

Come prendere il controllo del tuo tempo

Ora che hai uno schema per classificare il tuo tempo che si fa? Ti lascio con un consiglio e alcune domande.

  1. Inizia ad elencate tutte le attività, quantificate e raggruppale. Avrai una visione chiara, obiettiva e indiscutibile di come utilizzate il vostro tempo in modo consapevole.
  2. Come sono ripartiti i 1440 minuti di ogni giornata nelle 5 categorie? Il tempo perso quanto assorbe di tempo che potresti occupare altrove, ad esempio nel tempo per te stesso o nel tempo del lavoro?
  3. Come puoi ottimizzare il tempo obbligatorio?

Ah, la lettura di questo articolo e l’esercizio in cosa rientra? Dato che è qualcosa che hai deciso di fare per migliorare la tua vita, il tempo che gli hai dedicato rientra nella categoria del tempo per se stessi.

pareto 80 20

Se stai leggendo questo articolo probabilmente appartieni al club della corsa. No, non quello che ti fa correre 10 km 2 volte a settimana e ti fa pure bene 🙂 , ma quello che “il tempo non è mai abbastanza” “24 ore sono troppe poche” e “non c’è mai tempo di finire le cose”.

Tranquillo, ne faccio parte anch’io, spesso e (poco) volentieri. Per aiutarci ci viene incontro Timothy Ferris in 4 ore alla settimana. Ricchi e felici lavorando dieci volte meno, ricordandoci che esistono 2 approcci diversi all’aumento della produttività: il Principio 80/20 e la Legge di Parkinson. Nonostante siano uno il rovescio dell’altro, possono essere usati insieme in modo sinergico. Vediamoli insieme.

Il Principio di Pareto (80/20)

Il principio 80/20, detto anche Principio di Pareto in onore dell’economista italiano che per primo lo ha formalizzato, dice in sostanza che la grande maggioranza degli effetti sono causati da una ridotta quantità di cause. Per quanto questa teoria nasca in ambito economico per spiegare la distribuzione mondiale della ricchezza ( come ha rilevato Pareto l’80% della ricchezza è in mano al 20% delle persone), il principio che sta alla base può essere applicato anche alla vita di tutti i giorni. Se ti metti a tavolino e ci pensi un pò su, potresti scoprire ad esempio che

  • l’80% del tuo fatturato viene dal 20% dei tuoi clienti o dei tuoi servizi / prodotti;
  • l’80% del tuo stress viene dal 20% delle cause;

And so on. Attenzione! 80 e 20 non sono numeri fissi, lo stesso Pareto afferma che in natura esistono casi di applicazione di questo principio dove il rapporto è 90-10 o 70-30, in ogni caso quel che conta è il concetto che sta alla base, ovvero:

la grande maggioranza degli effetti di un fenomeno è data da una piccola minoranza delle cause.

La Legge di Parkison

E veniamo al secondo approccio per l’aumento della produttività: la Legge di Parkinson. La Legge di Parkinson afferma che

l’importanza e la complessità percepite di un compito aumentano in rapporto al tempo assegnato per la sua esecuzione

Cioè, detta in maniera terra terra e pure un pò brutale: se al lavoro ti viene assegnato un compito e ti viene detto “hai 7 giorni per completarlo”, sai quanto impiegherai per portarlo a termine? Esatto, 7 giorni.

Ma se il tuo capo ti puntasse una pistola alla testa e ti dicesse: “devi finirlo entro 2 ore” (sì lo so, fa molto Kevin Spacey in “Come amazzare in capo e vivere felici” 😉 ), sai quanto impiegherai per portalo a termine? Esatto, ben 2 ore, 120 minuti.

Com’è possibile che per un medesimo compito la stessa persona possa impiegare 2 ore oppure 168 ore (7 giorni)??? Elementare Watson, è la Legge di Parkinson.

Ecco come si spiega: quando le scadenze sono ravvicinate, la pressione del tempo costringe a concentrarsi e fare solo le cose essenziali al raggiungimento dell’obiettivo.

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Ho sottolineato le cose essenziali non a caso (non mi è partito il mouse): spesso ci nascondiamo dietro a scuse come “non ho tempo”, “le giornate sono troppo corte” e non dico che non ci possa essere un fondo di verità in queste affermazioni (a proposito, hai provato a guadagnare ore con il sonno polifasico?), ma spesso corriamo avanti e indietro, o sarebbe meglio dire che corriamo in tondo come un criceto sulla ruota (per citare una metafora cara a Robert Kiyosaki).

Insomma, siamo attivi ma non produttivi.

C’è un bella differenza tra essere attivi ed essere produttivi: nel primo caso non abbiamo un minuto di tempo, corriamo avanti e indietro perchè ci sono “1000 cose da fare” e, chissà perchè, nonostante tutte queste corse alla fine si combina sempre troppo poco. Nel secondo caso siamo sì impegnati, ma a portare a termine le cose veramente essenziali per il raggiungimento di un obiettivo.

Il punto è che spesso vogliamo tenerci in attività solo per evitare di fare le cose che sappiamo essere veramente importanti per il raggiungimento dei nostri obiettivi, quelle che ci rendono produttivi e non solo attivi, ma che in cuor nostro evitiamo di fare perchè violano la nostra zona di comfort.

comfort zone

Le “attività stampella”

A volte il tempo non è mai abbastanza per fare  le cose veramente importanti perchè ci circondiamo di “attività stampella”, come le chiama Ferris in 4 ore alla settimana, ovvero attività che usiamo per rimandare quelle importanti, perchè queste ultime potrebbero essere dolorose: magari a quella telefonata il cliente potrebbe arrabbiarsi, o il contratto non partire…meglio sentirsi attivi aggrappandosi, come a una stampella, ad altre attività: d’altra parte il cambio della cartuccia non può proprio aspettare 😉

Come aumentare la produttività con Pareto e Parkinson

Come puoi aumentare la produttività tenendoti lontano dalle attività stampella? Applicando i due principi visti finora, il Principio 80/20 di Pareto e la Legge di Parkinson, in questo modo:

  • concentrati solo sulle attività essenziali (il 20) che generano l’80% dei risultati, diminuendo così il tempo di lavoro;
  • diminuisci il tempo previsto per il termine dei compiti accorciando le scadenze, così da dover limitare i compiti a quelli essenziali.

Per dirla con altre parole, individua quelle che sono le poche attività veramente importanti per i tuoi i risultati e scegli o di fare solo quelle; d’altra parte, accorcia le scadenze in modo da non avere il tempo se non per dedicarti solo alle cose veramente importanti.

Insomma, un circolo virtuoso della produttività!

La tecnica del Post IT

Ok, figo mi dirai tu, ma come faccio? Tranqui, ci viene in aiuto ancora il buon Timothy Ferris in 4 ore alla settimana, con la tecnica del Post IT.

Hai presente i Post It? Prendine uno, scrivici sopra una frase e appicicalo bene allo schermo del tuo PC, dove puoi sempre vederlo e dove dovresti leggerlo almeno 3 volte al giorno, in momenti diversi della giornata.

Cosa c’è scritto sul Post IT?

Image
La tecnica è semplice: prendi un Post IT e scrivici sopra questa frase minacciosa: “Sono produttivo o soltanto attivo?” So che dovrei fare quella telefonata per chiudere il contratto importante (produttivo) ma devo proprio ricaricare la cartuccia della stampante – aggiornare l’antivirus – fare la coda in posta per una busta (attivo)?

5 domande per passare dall’attività alla produttività

Hai scritto il Post IT? Non avrai mica indugiato in un’attività stampella vero?! 🙂

Ecco 5 domande che Timothy Ferris in 4 ore alla settimana consiglia di porsi per passare dall’attività cieca alla produttività illuminata:

  1. Se fossi colpito da una malattia che ti rende inabile al lavoro (hai toccato ferro o esultato?! 🙂 ) e potessi lavorare solo 2 ore al giorno cosa faresti? Che attività (superflue) saresti costretto ad eliminare? Cosa resta?
  2. la malattia peggiora: sei costretto a lavorare 2 ore a settimana (!): cos’altro elimini? Cosa rimane di veramente importante? E’ il 20% che genera l’80% dei tuoi risultati.
  3. quali sono le attività perditempo che, se eliminate, avrebbero un impatto minimo sui risultati?
  4. quali sono le prime 3 attività che usi per sentirti attivo e procastinare il da farsi? Qual’è la tua pole position delle attività stampella?
  5. qual’è l’unica cosa che se portassi a termine oggi ti renderebbe soddisfatto?

Non sono domande facili, perchè tirano fuori parecchi scheletri nell’armadio (o amanti sotto il letto).

Mettiti subito in azione: procurati un post IT e appicicalo sullo schermo del PC, o dove puoi averlo sempre nel tuo campo visivo.

Metti una sveglia sul cellulare alle 10:30, alle 15 e alle 17 che ti ricordi di porti quelle 2 domandine scomode:

“Sono produttivo o soltanto attivo? Sto inventando delle cose da fare per evitare quella importante?

Conclusioni

Hai attaccato il Post IT? Io sì, e ti assicuro che funziona bene. A volte mi ritrovo a giustificarmi con lui (troppo sole dà alla testa) del fatto di indugiare in attività non produttive 😉

Joking Apart, fammi sapere nei commenti come ti trovi con questa tecnica e le 5 domande…fallo subito, non indugiare in attività stampella 🙂 !

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firma emanuele

lettura veloce

Quanti libri riesci a leggere in un mese? Uno? Due? E se ti dicessi che esistono delle che consentono di aumentare un minimo di 5 volte la tua velocità di lettura? Le tecniche di lettura veloce non solo nuove: uno dei maggiori rappresentanti di questa disciplina è Tony Buzan, autore del libro Lettura veloce. Impara a leggere velocemente migliorando la comprensione del testo. Secondo Buzan, la velocità media di lettura il parole al minuto (PAM) di una persona adulta è di 200 parole al minuto. Sempre secondo l’autore, solo chi ha una formazione universitaria riesce a raggiungere una velocità di lettura pari a 400 parole al minuto.

I 2 miti da sfatare sulla lettura veloce

Ci sono 2 miti sulla lettura veloce da sfatare:

  1. La prima convinzione errata e che non si possa leggere più velocemente della propria attuale velocità di lettura;
  2. La seconda convinzione sbagliata, ancora diffusa, che leggere più velocemente comporta di conseguenza una peggiore comprensione del testo.

Riguardo al primo mito, il dato interessante è che, secondo coloro che utilizzano le tecniche di lettura veloce, si può arrivare a un minimo di 1000 parole al minuto: dico minimo, perché gli attuali detentori del titolo mondiale di lettura veloce arrivano a leggere a poco meno di 4000 parole al minuto.

Non solo: la lettura veloce, lungi dal compromettere la comprensione del testo, l‘aumenta.

Imparare a leggere velocemente, migliorando il numero di parole al minuto e mantenendo un’elevata percentuale di comprensione del testo, è un processo che si articola in due fasi:

  1. Correggere i difetti di lettura che impediscono di leggere velocemente;
  2. Apprendere e praticare le tecniche di lettura veloce.

I 2 motivi per cui non leggi velocemente

I difetti di lettura che molto probabilmente ti impediscono di leggere velocemente si possono ricondurre a due:

  1. Fissazioni: sono i punti in cui l’occhio si ferma durante il processo di lettura. È facilmente intuibile come meno fissazioni facciamo, più velocemente possiamo leggere;
  2. Salti all’indietro o regressioni: un secondo difetto che impedisce una velocità di lettura ottimale è la tendenza a ritornare a leggere parti di testo già lette nella convinzione di non averle capite approfonditamente; anche in questo caso, è facilmente intuibile come l’eliminazione o la riduzione delle riflessioni comporta un aumento della velocità di lettura.

Come organizzare l’ambiente ideale per leggere rapidamente

Oltre alle tecniche di lettura veloce di cui andremo a parlare poco, ci sono delle condizioni ideali in cui la lettura veloce viene facilitata: sono condizioni relative all’ambiente in cui si legge e al proprio approccio al materiale di lettura. Vediamoli insieme.

L’illuminazione della stanza

La lettura ideale avviene con la luce solare, che dovrebbe giungere dalla direzione opposta rispetto a quella che usi per scrivere, per evitare riflessi zone d’ombra. Nel caso tu legga di sera, fai attenzione alle lampade da tavolo: devono essere posizionate in modo appropriato per evitare affaticamento degli occhi e difficoltà nella lettura. La condizione ideale in cui mettere la lampada è in modo che illumini il libro dall’alto.

Sedia e scrivania

La sedia in cui svolge la lettura non dovrebbe essere né troppo scomoda né troppo morbida: nel primo caso, il rischio di praticare la lettura in una condizione non agevole, nel secondo caso il rischio di essere troppo rilassati e quindi di addormentarsi. D’altra parte, la scrivania dovrebbe essere 20 cm più alta della sedia.

Distanza del libro dagli occhi

La distanza del libro dagli occhi dovrebbe essere di 50 cm: questo è molto importante al fine di una lettura rapida, in quanto mantenendo un’adeguata distanza del libro dagli occhi possiamo focalizzare l’attenzione su un maggior numero di gruppi di parole, una delle tecniche più efficaci al fine della lettura veloce.

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Il tuo miglior alleato per leggere velocemente? La tua matita!

iL miglior alleato per leggere velocemente un testo è una guida, come ad esempio una penna, o una matita: dato che l’occhio umano è progettato per seguire i movimenti, l’utilizzo di un oggetto lungo e sottile consente di leggere velocemente. L’utilizzo della guida dovrebbe avvenire mantenendo la penna o la matita nella parte centrale della pagina in modo tale da mantenere la concentrazione sul testo e allo stesso tempo consentire al proprio umano di leggere un gruppo di maggiore di parole diminuendo le fissazioni, che abbiamo visto essere uno dei due tipi principali di una lettura lenta.

Un altro modo per utilizzare l’abilità lo suggerisce nel proprio blog Timothy Ferris, autore dei Best-Seller 4 ore alla settimana. Ricchi e felici lavorando dieci volte meno
e 4 ore alla settimana per il tuo corpo. Secondo Tim, uno dei metodi più efficienti per aumentare la propria velocità di lettura usando una guida, è far scorrere il puntatore sotto ogni riga per al massimo un secondo, concentrandosi sul primo e l’ultimo gruppo di parole della frase. Quest’ultimo aspetto, è dovuto dal fatto che l’occhio umano ha una grande capacità di visione periferica, ha quindi la capacità di cogliere nel proprio campo visivo un grande numero di parole.

3 Tecniche di lettura veloce per rafforzare la visione periferica

Il sistema visivo umano può fotografare un’intera pagina in un 1/20 di secondo e dunque un libro di medie dimensioni in un intervallo di tempo tra 6 e 25 secondi, e l’intera Enciclopedia Britannica in meno di un’ora. Tony Buzan

Il tuo occhio è molto meglio di una macchina fotografica: non ci credi? Pensa a quando guidi: quante cose entrano nel tuo campo visivo? Auto, cartelloni pubblicitari -dimmi che non sei mai  stato distratto da un cartellone di Intimissimi 😉 – persone, case, colori, segnali stradali…decine di informazioni in manciate di secondi. E perchè questo non dovrebbe valere per la lettura di un libro? Come abbiamo visto il nostro occhio ha una grande capacità di visione periferica, ma per stimolarla sono necessarie delle tecniche, le principali sono 3:

  1. lettura di due righe o più righe alla volta;
  2. leggere al contrario;
  3. lettura ad “S”;

In sostanza, per aumentare la velocità di lettura, le tecniche di lettura veloce si riducono a tre modalità: leggere più righe in contemporanea, leggere al contrario o leggere la pagina saltando qui è lì, come se stessi mentalmente disegnando una “S” con i tuoi occhi.

Impossibile? No! Come abbiamo visto l’occhio umano è predisposto a catturare grandi quantità di dati simultaneamente, quindi non devi per forza leggere ogni parola, perchè la visione periferica catturerà più parole per volta e il senso della frase, consentendoti di leggere con più velocità.

Orientati ed esplora con Scanning e Skimming

No, non sto parlando di usare lo scanner e di una nuova disciplina olimpionica, ma di 2 tecniche di lettura rapida che ti consentono di orientarti all’interno di un testo ed esplorarlo.

Lo Scanning è una modalità di visione esplorativa che ti consente, scorrendo le pagine, di cercare determinate informazioni; lo Skimming è la lettura orientativa, che cerca di fare una panoramica generale.

Conclusioni

Ti sei gasato? Pensi già a quanti libri potresti leggere in un anno? Inizia. Come? Magari con un software gratuito, come Speeder, che oltre a darti un’idea della tua attuale velocità di lettura ti consente di impratichirti e migliorarla.

Hai già sperimentato qualche tecnica di lettura veloce? Parliamone nei commenti!

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come svegliarsi presto la mattina

Ti piacerebbe alzarti presto la mattina? Dedicare meno ore al sonno e avere più tempo per le proprie passioni è facile a dirsi, meno semplice a farsi: non riuscire a svegliarsi al mattino è comune, sarà perché d’inverno si sta proprio bene sotto le coperte, saranno i messaggi subliminali (neanche tanto) che mette in atto il nostro cervello per farci rimanere a letto (tra cui il mantra “solo altri 5 minuti e poi mi alzo”), sarà la stanchezza o la noia, fatto sta che svegliarsi presto la mattina rimane spesso una delle operazioni più difficili dell’intera giornata 🙂 . In questo articolo vediamo una serie di metodi per svegliarsi presto e per mantenere nel tempo questa bella abitudine.

Questa guida è strutturata in tre parti:

1) scegliere le giuste motivazioni che ci spingono ad alzarci presto;

2) identificare i vari punti deboli che ci costringono a letto la mattina per i terribili “altri 5 minuti” (che poi diventano un’ora);

3) mantenere la nuova abitudine di alzarsi presto con costanza e gradualità.

Come svegliarsi presto la mattina in 3 strategie

#1: Trova le giuste motivazioni

Senza un motivo, non abbiamo la forza di fare nemmeno le cose più semplici, come alzarsi dal letto: è per questo che il passo preliminare, affinché svegliarsi presto la mattina divenga un’abitudine costante e duratura, è definire con precisione i motivi per cui è importante alzarti prima.

La lista dei pro e dei contro e degli obiettivi

Un buon metodo è scrivere:

  • una lista di cose che potresti fare, progetti che potresti iniziare con il maggior tempo a disposizione che ti ritroveresti alzandoti prima;
  • viceversa una lista di azioni che non puoi fare a causa del tempo dedicato al sonno, insieme alle conseguenze che ne derivano.
  • poniti degli obiettivi stimolanti: se le cose che hai deciso di fare alzandoti prima la mattina non ti interessano, ben presto potresti essere demotivato e ritornare alle vecchie abitudini. Se ti dai degli obiettivi stimolanti d’altra parte, grazie al tempo in più riesci a portarli avanti, ti motivi a continuare ad alzarti prima.

Piacere e dolore all’opera

Anthony Robbins nel suo libro Come migliorare il proprio stato mentale, fisico e finanziario. Manuale di psicologia del cambiamento parla di piacere e dolore come dei due grandi motori di ogni azione umana: il consiglio di Tony è proprio di fare una lista delle conseguenze negative che derivano da una determinata azione, come in questo caso alzarsi tardi la mattina e viceversa agire sul piacere dell’alternativa.

La prima cosa che potrebbe venirti in mente per associare “dolore” all’azione di indugiare a letto è usare dei metodi drastici per alzarti, come ad esempio le sveglie testate da questi ragazzi 😉


Il cervello non è infatti predisposto a rumori forti: pensa ai nostri avi, che dovevano lottare ogni giorno contro belve feroci e altre calamità. Se non avessero avuto, innata, la predisposizione ad allarmarsi nel caso di un rumore forte, ci saremmo estinti anche se grandi e grossi come lui 😉

Venute meno le belve feroci, i rumori forti ci fanno ancora sobbalzare, provocando tuttavia l’effetto contrario al dovuto. Se hai una sveglia con un suono fastidioso, quando suona cosa fai? Imprechi, la spegni e ritorni a dormire?

E’ il motivo per cui un rumore forte non va bene per svegliarsi: il nostro cervello innesca una sorta di “fuga” sotto le coperte 🙂

In realtà un buon risveglio viene facilitato proprio dall’azione contraria, ovvero evitare rumori forti e svegliarsi:

  1.  nel momento giusto
  2.  in maniera graduale
  3. con la luce naturale e suoni delicati

Per quanto riguarda il primo punto, svegliarsi nel momento giusto, parleremo di questo aspetto qui sotto; per svegliarsi in maniera graduale con la luce naturale e suoni delicati, a meno che tu non viva su una spiaggia di Malibu, che può venire in aiuto questa sveglia.

In realtà una lista chiara e dettagliata delle conseguenze negative del tempo perso a letto, può essere sufficiente per associare “dolore” a rimanere sotto le coperte oltre l’orario prestabilito, senza costringerti a metodi drastici come la sveglia del video, che peraltropuò  sortire però l’effetto contrario di farti alzare con la luna storta e associare dolore al risveglio.

E per associare piacere al risveglio? Potrebbe bastare l’idea di iniziare una nuova attività entusiasmante o di rifuggire dalle conseguenze dello stare a letto (in PNL questi due metaprogrammi vengono detti rispettivamente “verso” o “via da”).

Pensala come una scelta, non una rinuncia

Pensala come una scelta di non come una rinuncia: stare a letto è un piacere, è inutile negarlo. Se lo pensiamo come una scelta a favore delle nostre passioni, invece che come una rinuncia a ore di sonno, svegliarsi prima sarà più semplice.

Un modo per pensare allo svegliarsi prima come una scelta e non come una rinuncia, è scrivere in un foglio tutti i motivi che ti vengono in mente per i quali scegli deliberatamente di dormire meno.

Poniti degli obiettivi

Quando inizi un percorso finalizzato a diminuire le ore di sonno, è importante avere ben chiaro l’obiettivo che vuole raggiungere e il premio che otterrai una volta che hai raggiunto. Per quanto riguarda l’obiettivo, puoi pensare di adottare uno dei metodi alternativi al sonno monofasico: abbiamo parlato già del sonno polifasico in un precedente articolo. Se dormi otto o nove ore a notte il punto di partenza può essere la durata del sonno notturno in un monte ore pari a multipli di 90 minuti: poi scegliere quindi di iniziare a dormire sette ore e mezza oppure passare al metodo bifasico con sei ore di sonno notturno e un Nap di 20 minuti. Un obiettivo, per essere SMART, ovvero ben costruito deve avere una data di scadenza: il consiglio che posso dare è di darvi almeno 21 giorni per acquisire una nuova abitudine prima di ridurre ulteriormente le ore di sonno.

#2: Identifica i tuoi punti deboli

Nel momento in cui suona la sveglia tutti noi facciamo una serie di azioni abituali, dei veri e propri “rituali”. Se il tuo rituale è spegnere la sveglia sul comodino e ricominciare a dormire “per altri cinque minuti” è necessario rompere questo rituale.

Il secondo passo svegliarsi presto e quindi identificare i tuoi punti deboli, ovvero ciò che ti fa rimanere a letto più del necessario: vediamo i principali e come prevenirli.

Punto debole uno: la stanchezza

La stanchezza è il motivo più naturale che spinge a dormire più la mattina e rimanere a letto “altri cinque minuti” al suono della sveglia: la stanchezza può essere dovuta a vari motivi, vediamo i principali.

  • Insonnia: se hai dormito male durante la notte, è chiaro che la mattina ti sentirai stanco e sentirai il bisogno di dormire di più. I motivi che hanno impedito un sonno regolare possono essere molti: oltre quelli tradizionalmente suggeriti, personalmente dormivo male a causa di un materasso scomodo che blocca la circolazione costringendomi a girarmi in continuazione durante la notte;
  •  la stanchezza può essere anche dovuta a un’interruzione dei normali cicli del sonno: come abbiamo visto nell’articolo dedicato al sonno polifasico, durante il sonno attraversiamo differenti fasi, di cui la più importante è la fase REM: solitamente si consiglia di dormire a blocchi di 90 minuti per poter completare correttamente le fasi del sonno. Un consiglio per prevenire la stanchezza della mattina può essere quindi quello di dormire 6, 7 ore e mezza (ovvero in modalità monofasica) o 4 ore e mezza, con il metodo Everyman del sonno polifasico.

Punto debole 2: cambia le brutte abitudini

Il nostro cervello per facilitare le azioni e le scelte di ogni giorno applica delle azioni automatiche in sequenza. Ad esempio, la mia sequenza al suono della sveglia era:

  • svegliarmi d’improvviso infastidito dalla suoneria della sveglia
  • spegnere la sveglia
  • rimettermi a dormire
  • spegnere per una seconda volta la sveglia
  • rimettermi a dormire fino a momento in cui ero proprio costretto al alzarmi
  • fare colazione di fretta e mettermi a lavorare già incazzato dal fatto che “è molto tardi”

La conseguenza di questa sequenza di azioni era chiaramente che il tempo passato a letto aumentava in maniera incontrollata causandomi bruschi risvegli al suono della sveglia successiva, sensi di colpa per il tempo perso e via così.

Per adottare l’abitudine di svegliarsi presto la mattina occorre anche adottare un nuovo rituale nel momento in cui ci si alza dal letto: ecco come non spegnere più la sveglia in 3 passi.

Non spegnere più la sveglia in 3 step

Spegnere la sveglia è forse il motivo più tipico che porta a indugiare troppo a letto. Vediamo 3 casi tipici e le 3 soluzioni relative.

  • Spegnere la sveglia “per altri 5 minuti”: chiaramente i 5 minuti divenivano 50 o più. La soluzione che ho trovato è tanto semplice quanto efficace: spostare la sveglia lontano dal letto, prima sul comò, poi addirittura in un altra stanza, costringendomi quindi ad alzarmi per spegnerla.
  • Spegnere la sveglia mandandola a quel paese, in quanto la suoneria mi aveva svegliato di soprassalto: come abbiamo visto per natura noi rifuggiamo dai rumori molesti (è un’eredità dell’evoluzione umana), quindi una suoneria troppo rumorosa mi faceva svegliare di soprassalto, con la conseguenza di infastidirmi e di tornare a dormire per reazione. La soluzione, anche qui, è stata tanto semplice quanto efficace: cambiare suoneria alla sveglia, che per intenderci non è altro che una App del mio cellulare, Sveglia Extreme. Ho impostato una suoneria rilassante, nel mio caso “Serene Morning Alarm”, che trovi sull’APP. In alternativa su Itunes trovi questa app.

Spenta la sveglia, è importante prima possibile risvegliare l’organismo: ecco alcuni consigli.

7 consigli veloci per risvegliare il metabolismo

  • bevi un buon caffè: nonostante non sia la bevanda più salutare del mondo, il caffè può essere un metodo veloce per risvegliarci dal tepore del sonno; un’alternativa per chi non ama il caffè è sfruttare l’effetto energizzante della teina contenuta nel thè oppure bere un bicchiere d’acqua fredda o tiepida;
  • se non bevi caffè (come me) anche meglio: il risveglio non forzato dalla caffeina può aiutarti ad abituarti in maniera più naturale. Personalmente bevo caffè d’orzo (decaffeinato), ma va bene anche un bicchiere d’acqua, un thè, qualsiasi cosa che risvegli il metabolismo;
  • mangia: una colazione, non pesante (che ti potrebbe provocare sonnolenza), è un buon aiuto per tenerti sveglio nelle fasi difficili iniziali;
  • pratica qualche attività sportiva come andare a correre, o fare Yoga, o stretching;
  • fai una doccia;
  • Arieggia la stanza: l’ossigeno aiuta il risveglio di corpo e mente. Eventualmente, per una ancora migliore ossigenazione puoi fare una bella corsetta mattutina 😉
  • mantieni nella stanza la temperatura giusta: se è troppo caldo, in inverno potesti indugiare nel tepore delle coperte.

Compiuti i passi uno e due, si deve essere certi di avere un’attività che ti motivi da iniziare. come abbiamo visto nel primo passo di questa guida parlando dell’importanza di trovare le giuste motivazioni.

Nei due precedenti punti di questa guida, abbiamo parlato rispettivamente delle motivazioni per svegliarsi presto la mattina e all’identificazione dei punti deboli che ti spingono a rimanere ben attaccato al materasso. Completiamo il discorso con dei consigli per mantenere la buona abitudine di alzarsi presto.

#3: Sii costante e graduale

L’importanza di essere costanti

Gli studi dimostrano come siano necessari fino a 21 giorni per abituare il cervello a una nuova abitudine: potresti farti una lista, utilizzando un foglio di carta,  per segnare giorno dopo giorno il mantenimento della nuova abitudine.

Questo metodo, mano a mano che noti i progressi fatti ogni giorno, può darti anche la motivazione per continuare nella buona abitudine e ti consente di misurare, e quindi eventualmente di migliorare la nuova abitudine, avendo sempre il polso della situazione.

L’importanza di procedere a gradi

Oltre alla costanza, il corpo si abitua meglio quando il cambiamento avviene con gradualità, piuttosto che improvvisamente. Se come me potresti scrivere un libro “alzarsi la mattina for dummies” 😉 ti consiglio di ridurre le ore di sonno in modo graduale, magari mantenendo la nuova abitudine per 21 giorni prima di ridurre ulteriormente il tempo dedicato al letto. Per ridurre con gradualità le ore dedicate al sonno puoi partire con questo programma:

  • Inizia riducendo a 7,5 ore le 8 ore di sonno: ti sentirai già meglio e con mezz’ora in meno non accuserai particolari traumi: gli studi dimostrano come le varie fasi che compongono il sonno si completino in periodi di 90 minuti.
  • A questo punto puoi decidere se dormire 7,5 ore a notte o ridurre ulteriormente il tempo passato a letto provando il metodo bifasico di 6 ore di sonno con uno o più NAP (sonnellini) durante il giorno.

Per approfondire puoi vedere come ho gestito la fase di adattamento nel sonno polifasico.

Ottimizza le pause

Se durante il giorno ti senti stanco, inutile strafare: pagheresti caro questo comportamento con una difficoltà  l’indomani mattina ad alzarti dal letto. Il consiglio è di ottimizzare i momenti di stanchezza con dei NAP ristoratori, ovvero dei brevi sonnellini di 20-30 minuti.

Premiati

Potresti decidere di concederti un premio al 21º giorno per associare piacere allo svegliarsi presto la mattina, in modo da associare ulteriore piacere al mantenimento di questa tua nuova abitudine.

Ricapitolando

Svegliarsi presto la mattina è simile al processo di funzionamento di una macchina:

  • serve un motore, ovvero una motivazione che si muova -letteralmente- fuori dal letto;
  • serve della benzina, che azioni il motore;
  • serve infine usare spesso l’auto per evitare che non si metta più moto.

E tu cosa ne pensi? Trovi semplice alzarsi presto la mattina? Se sì, condividi qui sotto dei commenti le strategie che utilizzi!

sonno polifasico

I 3 Presupposti del Sonno Polifasico

Polifasico per negati: la mia esperienza

La prima volta che ho sentito parlare di sonno polifasico è stato più o meno 10 anni fa, all’Università: uno dei compagni di corso accennava all’importanza di dormire a spicchi di “90 minuti”, un’altra sosteneva di dormire 3 ore e sentirsi comunque riposata…pazzie. Inconcepibili per uno che, come me, ama dormire. Ama il tepore delle coperte, ama lo stare abbracciato alla propria compagna “altri 5 minuti” e può dormire 9 ore filate o più senza problemi. Ma, c’è un ma: gli anni passano, le aspirazioni crescono e pur con una buona organizzazione e ottimizzazione del tempo non si riesce a fare tutto. Molte cose rimangono indietro, con conseguente frustazione, e allora si intravede all’orizzonte la fatidica parola: rinunciare. A questo punto la domanda sorge spontanea: meglio rinunciare ai propri sogni, al tempo passato con i propri cari, o a qualche ora di (pur bellissimo) sonno?

Questo annoso preambolo serve a raccontarvi la mia esperienza con il sonno polifasico, dalla prospettiva di un negato, una sorta di versione di Polifasic Sleep For Dummies 🙂
Insomma, salvo tu non faccia parte della cerchia ristretta dei geneticamente programmati a dormire poco, non aspettarti passaggio semplice a 4.5 ore notturne ma fatica, disciplina, impegno. Se anche per te dormire tanto è un piacere, ma un lusso che non puoi più permetterti a scapito di altre cose più importanti, continua a leggere.

Le 8 ore di sonno? Un’invenzione dell’epoca moderna

Riprendendo le file del discorso, dopo 10 anni mi imbatto in un sito che parla di polifasico, dando finalmente un nome alla mistica esperienza di cui avevo sentito parlare anzitempo. Cos’è il sonno polifasico? E’ una modalità di dormire a multi fase (poli-fasico), contrapposto alla monofase delle classiche 8 ore. Studi medici e testimonianze storiche dimostrano come le 8 ore siano un’invenzione dell’epoca industriale, quando si divideva idealmente la giornata in:

  • 8 ore di lavoro
  • 8 di svago
  • 8 di sonno

In realtà sia nel passato che in natura, oltre che nel genere umano (pensiamo ai neonati) la modalità di dormire non è monofasica ma più spesso bi o polifasica.

L’importanza della fase REM nel sonno

Il sonno si divide in 5 stadi:

  • Due stadi iniziali di sonno leggero
  • Altri due stadi di sonno pesante
  • La fase REM

Inoltre, secondo gli stessi studi, la fase veramente fondamentale ai fini della sopravvivenza è una, la fase REM.

L’importanza del NAP nel sonno polifasico

Altro presupposto alla base del sonno bi e polifasico è l’importanza del Nap, ovvero di una fase di breve riposo, detta anche Siesta come modo di recuperare il sonno.

Vuoi davvero passare 25 anni della tua vita a dormire?

Uno degli aspetti più eclatanti del sonno polifasico è la quantità di ore di vita risparmiate nel sonno polifasico rispetto al tradizionale monofasico.

Riprendo questi conteggi dal bel webinar di Daniele Boggiato dedicato al sonno polifasico, da cui riprendo anche la successivo distinzione tra i metodi del polifasico.

Ipotizzando una vita media di 75 anni, abbiamo 680.400 ore di vita totali.

Andiamo a vedere quante ne passiamo a dormire nelle differenti fasi del sonno:

  • Nel sonno monofasico, di durata compresa tra le 8 e le 10 ore di sonno a notte, dormiamo tra le 226.800 e le 283.500 ore in una vita. Stiamo parlando del 33% fino al 41% di una vita passata a dormire.
  • Nel sonno bifasico le ore passate a letto diventano 198.450, poco meno del 30%;
  • Nel polifasico, a seconda del metodo scelto, si dorme dalle 155.952 alle 56.700 in una vita: dal 23 al 8% totale.

Ricapitolando…

  • In monofasico passi 25 anni della tua vita a dormire
  • In bifasico ne passi 22
  • In polifasico ne puoi arrivare a passare solo 6, nella versione più estrema.

I 3 Metodi del Sonno Polifasico

Si può quindi parlare di:

  • Sonno monofasico: è quello in cui si dorme una sola volta al giorno per un periodo prolungato, le classiche 8 ore di sonno per intenderci;
  • Sonno bifasico: divide il periodo del sonno in due fasi, una più prolungata e una siesta, detta anche Nap o pisolino 😉
  • Sonno polifasico: come avrai ormai capito,il sonno polifasico consiste in un periodo di sonno prolungato ancora minore rispetto ai precedenti mono e bifasico con l’aggiunta di frequenti Nap

Bifasico o Siesta / Napping

Il primo metodo, tecnicamente, non è polifasico ma bifasico: consiste nel dormire in due fasi, una più lunga di 6 ore a notte (a multipli di 90 minuti appunto) per poi concedersi un riposino (la classica siesta) di 20 minuti, o 27, 24, 7 o addirittura 3 minuti (secondo i numeri proposti da Boggiato).

Il metodo Everyman 2,3,4

Il secondo metodo tecnicamente è il primo poli-fasico ed è chiamato “Everyman”: un termine che indicherebbe che il metodo è alla portata di tutti e che consiste nel ridurre la fase notturna:

  • a 4.5 ore a notte e poi concedersi 2 riposini (nap) di 20 minuti nel corso della giornata, ad intervalli stabiliti (Everyman 2)
  • a 3 ore a notte e poi concedersi 3 nap di 20 minuti nel corso della giornata, ad intervalli stabiliti (Everyman 3)
  • a 1,5 ore a notte e poi concedersi 4 nap di 20 minuti nel corso della giornata, ad intervalli stabiliti (Everyman 4)

Il metodo Uberman

Il terzo metodo ci fa entrare nella fase del super-uomo (uberman appunto, con uno strana combinazione dell’inglese Man e del tedesco Uber, che rievoca l’Ubermensch del filosofo Nietzsche): questo metodo consiste nel dormire 0 ore a notte e concedersi 6 nap di 20 minuti.

Notiamo che la fase più lunga (si fa per dire) di sonno in tutti i metodi dura multipli di 90 minuti e che mano a mano che si riduce aumentano i Nap.

Ma quando fare i Nap? Riporto un conteggio dal webinar sopra citato:

[24 ore – (ore di sonno prolungato) / N° di Nap + 1] / 2

Facciamo un esempio:

Se opto per il metodo bifasico, dormo 6 ore a notte e faccio un solo nap di 20 minuti.

Quindi

24 ore- 6 ore = 18 ore / 2 (1 nap + 1) = 9.

Ergo, se vado a letto alle 24:00 e mi sveglio alle 6, farò un Nap di 20’ alle 15:00, 9 ore dopo.

Da Dormiglione a Superuomo: Come Adattarsi Gradualmente al Sonno Polifasico in 3 steps

Abbiamo già parlato del sonno polifasico e di come è possibile guadagnare fino a 22 ore al giorno di veglia dormendo solo 2 ore al giorno (almeno nella modalità più estrema del sonno polifasico, l’Uberman).

C’è un problema però: tutti noi dormiamo in modalità monofasico, le classiche 8 ore al giorno, più o meno. Non è stato sempre così: i neonati alternano spesso momenti di veglia e sonno durante il giorno, senza dormire in un blocco unico (detto “core”) come gli adulti: non è un caso che l’abitudine al polifasico, probabilmente innata nei neonati, si perda quando si cresce.

L'”invenzione” delle 8 ore di sonno è infatti un retaggio culturale introdotto nell’era Industriale, quando la giornata di 24 ore è stata artificiosamente suddivisa in 3 parti, 8 ore per lavorare, 8 per dormire, 8 per lo svago. Pur essendo finita l’epoca industriale, il mito delle 8 ore di sonno permane come abitudine, avvalorato anche dal fatto che la maggior parte delle ore di lavoro (soprattutto nel settore impiegatizio) rimangono di 8 ore.

Se siamo abituati a dormire in monofasico, per passare a una modalità polifasica è necessario cambiare un’abitudine acquisita molto tempo prima e mantenuta per lungo tempo. E cambiare un’abitudine richiede uno sforzo per uscire dalla propria zona di comfort.

A questo punto come possiamo cambiare l’abitudine di dormire in monofasico adattandoci al sonno polifasico? Con un approccio diretto per “die hard” o con gradualità, lentamente e progressivamente, in 3 steps.

Se affronti il passaggio da una modalità monofasica al polifasico, magari in una delle sue modalità più estreme (come l’Everyman o l’Uberman) potresti schiantarti (letteralmente) contro un palese insuccesso…oppure no. Vediamo quindi le 2 modalità tipiche di adattamento al sonno polifasico.

Modalità 1: Die hard

La modalità n° 1 è per veri die hard: consiste nel buttarsi a capofitto nel polifasico, passando cioè dalle 8 ore di sonno alla modalità scelta.

Pro: se ci riesci, è molto più veloce della modalità di adattamento 2.

Contro: le possibilità di fallimento sono molto elevate. Per quanto in una fase iniziale, il pruimo / secondo giorno le cose sembrano andare bene, dal terzo giorno i sintomi della privazione di sonno si fanno forti e si rischia di cedere a una dormita di 12 ore consecutive…con un sonno pazzesco e la delusione del fallimento.

Modalità 2: Graduale

La modalità 2 è la più consigliata sopratutto a chi piace dormire come il sottoscritto 🙂 e consiste in un approccio graduale che si basa sulla tecnica del flooding della zona di comfort: quando dobbiamo uscire dalla nostra zone di comfort, è più semplice farlo con la procedura del flooding, letteralmente straripando: ovvero spingendoci pian piano oltre i confini della nostra zona di comfort, un passo alla volta.

L’autore di questa modalità e Dan Boggiato, che in una serie di 3 articoli la descrive avendola provata personalmente: la riassumo qui.

Step 1

Il primo periodo può durare una settimana o più, termina quando il tuo corpo si è adattato al 100% al cambio. In questa prima fase bisogna semplicemente “regolare il tuo corpo andando a dormire sempre alla stessa ora e alzandoti sempre alla stessa ora, e dormendo cicli di 90 minuti”.
Se vai a letto alle 23:30, ti potrai alzare alle 7:00 (7,5h), alle 8:30 (9 ore) o più tardi, purchè tu dorma un numero totale di ore che sia un multiplo di 90 minuti.
In questa fase è essenziale rispettare il numero di ore e adattarsi completamente, solo dopo si potrà passare alla fase due. In generale, e vale per tutte le fasi, se un giorno dovessi sgarrare e dormire di più di un multiplo di 90 minuti, dovrai ricominciare da capo.
Un buon obiettivo potrebbe essere cercare di completare un ciclo di 21 giorni, periodo che si considera ideale per sedimentare una nuova abitudine.

Step 2

Una volta terminato l’adattamento dello step 1, inizia la fase 2, in cui scenderai al sonno bifasico, detto anche Siesta, che consiste in un core (periodo di sonno intero) di 6 ore e un nap (sonnellino) di 24 minuti.
In questa fase di nap non importa essere in grado di dormire, basta chiudere gli occhi. E’ una fase che serve sopratutto all’inizio ad addestrare il corpo a dormire immediatamente nelle fasi di nap.

Quando sarai arrivato a fare una settimana perfetta di “Siesta”, in cui ti senti benissimo (non importa quanto tempo ci voglia, anche mesi) allora potrai passare alla fase successiva.

Step 3

Dopo la siesta arriva il metodo Everyman, che consiste nel in un “core” di 4,5 ore e due nap di 24′. In questa fase è fondamentale rispettare i nap, altrimenti accumuli un debito di sonno pazzesco, che equivale, per ogni ora di ritardo sul nap, a 3-4 ore di debito di sonno.

Il rischio di saltare i nap è che il corpo a un certo punto ceda e ci si trovi (come è successo anche a me) a dormire 12 ore di fila.

Solo quando sarà passata una settimana intera in cui ti senti bene con questo metodo potrai passare all’Everyman con core a 3 ore e così via, ma senza accellerare.

Strumenti

Ok, hai deciso di provarci: ecco alcune risorse che ti possono aiutare.

Ubersleep: Nap-Based Sleep Schedules and the Polyphasic Lifestyle (English Edition)

La Bibbia del sonno polifasico: l’autrice è PureDoxyk, la stessa che ha iniziato la modalità di sonno polifasico “Uberman” e ne ha coniato il termine. Il libro, pur essendo in inglese, è l’unica risorsa al momento esistente sul sonno polifasico e contiene tecniche, testimonianze e risposte ad eventuali dubbi. Ecco il link diretto per acquistarlo:

Philips Wake Up Light

Se ti devi proprio svegliare all’alba, tanto vale farlo con una sveglia come si deve no? La Philips Wake Up Light imita la luce naturale ed è provvista di suoni naturali ed altre funzioni per stimolare un risveglio rilassato. La puoi trovare in diverse funzioni, ecco il modello base:

Conclusioni

Difficile? Forse. Lento? Pure, potrebbero volerci anche, secondo Dan Boggiato, 1 o 2 anni. Ma il guadagno è notevole, in termini di ore di tempo e di vita risparmiate.

E tu? Hai provato ad adattarti a una delle modalità di sonno polifasico? Ci sei riuscito? Parliamone nei commenti. Non dimenticare di condividere questo articolo sui tuoi social preferiti !